Il prolasso degli organi genitali, cioè utero, parete vaginale anteriore (con le sovrastanti uretra e vescica) e posteriore (con il sottostante retto) è una patologia estremamente diffusa e si stima che circa il 20% delle donne oltre i 50 anni di età ne soffra in qualche misura. I sintomi sono costituiti da senso di peso vulvare, lombalgia, disturbi alle basse vie urinarie quali difficoltà minzionali, infezioni recidivanti o incontinenza, dispareunia e ostruita defecazione. La diagnosi viene fatta essenzialmente con l’esame ispettivo ginecologico che ne evidenzia la gravità ed il grado di coinvolgimento dei vari settori vaginali.

Dato che si tratta di una patologia che suscita sensi di vergogna e di imbarazzo o che viene a torto considerata un appannaggio “normale” dell’età avanzata, la sua diagnosi viene spesso ritardata di anni, anche in presenza di disturbi importanti; questo costituisce un fattore molto negativo, che porta a situazioni di danno anatomico funzionale molto rilevanti e più difficili da correggere. Alla visita può essere associata una ecografia trans-labiale o una colpo-cisto-defecografia che ne definiscono con maggior precisione la gravità e gli organi coinvolti.

La terapia degli stadi iniziali consiste nella fisiochinesiterapia della muscolatura pelvica (vedi box), mentre negli stadi di entità medio-grave la chirurgia deve essere l’approccio di scelta. La via di accesso è normalmente quella vaginale che garantisce: possibilità di accesso a tutti i segmenti che necessitano di correzione, dolore post-operatorio inferiore e ospedalizzazione più breve, più immediata ripresa funzionale intestinale. La via addominale (scarsamente utilizzata) è utile in caso di patologie addominali concomitanti o in presenza di patologie ortopediche che impediscono l’accesso vaginale, per il desiderio di mantenere l’utero e quindi la fertilità o infine per Insufficiente ampiezza/profondità vaginale. Anche utilizzando l’approccio vaginale è possibile comunque mantenere in sede il viscere uterino.

Fisiochinesiterapia

  • 8-10 sedute di coscientizzazione e rinforzo muscolare vaginale
  • Coinvolgimento attivo della paziente
  • Proseguimento degli esercizi a domicilio

Una svolta in queste tecniche chirurgiche è stata attuata con l’utilizzo delle mesh (reti) di materiale eterologo per la correzione del prolasso di grado elevato e per i casi di recidiva del prolasso stesso, similmente a quanto avviene comunemente nella terapia chirurgica delle ernie addominali. Queste tecniche sono state favorite dalla considerazione dell’elevato numero di recidive che si hanno utilizzando i tessuti “nativi” della paziente nella cosiddetta riparazione fasciale (vedi elenco)

  • Recidive di prolasso genitale (dopo circa 5 anni dall’intervento)
  • Comparto anteriore: 37 -100 % (media 50 %)
  • Comparto posteriore: 4 – 44 % (media 20%)
  • Reinterventi: 15 – 20 % sempre per comparto anteriore

La tecnica non è però priva di complicanze importanti (tra cui la più frequente è l’erosione della mesh nei tessuti circostanti) per cui si richiedono uno screening pre-operatorio molto accurato, una conoscenza approfondita dei materiali utilizzabili, una notevole esperienza chirurgica e una valutazione dei rischi-benefici per ogni singola paziente. Per questo motivo, in diversi paesi europei l’utilizzo di queste mesh è stato proscritto. Esistono tecniche diverse, ciascuna delle quali può essere applicata con beneficio nelle diverse situazioni anatomiche e funzionali.

  • Risultati utilizzo mesh versus duplicazione fasciale
  • 38 studi randomizzati – 3773 pazienti operate
  • Parete anteriore con o senza bracci di fissazione: R.R. 3. 55 – 2.14
  • Erosioni: 10.2 %
  • Non differenze tra le 2 tecniche x reinterventi – Q o. L – dispareunia

Per quanto riguarda questa chirurgia possiamo quindi affermare che a tutt’oggi non esistono elementi certi per un uso estensivo delle mesh nella riparazione del prolasso genitale e che gli aspetti funzionali (dolore, vescica iperattiva, ostruzione minzionale, defecazione ostruita) sono spesso imprevedibili e di difficile risoluzione, per cui l’impatto sulla sessualità, qualità di vita e soddisfazione della paziente risulta di difficile valutazione.